MI PRESENTO

Sono Elisa, una psicologa clinica e di comunità, lavoro individualmente, con coppie e famiglie, sia a domicilio che presso alcuni studi medici a Roma (Casalotti, Aurelia, Talenti, Campagnano di Roma). Oltre a questo, lavoro per un hospice privato attraverso il quale mi occupo di visite domiciliari a pazienti oncologici e ai loro familiari. Ho un master in psicodiagnostica e relazioni medico legali.

UNA PROFESSIONE DI AIUTO…

La mia formazione in psicologia rientra sotto la dicitura “professione di aiuto”. Anticamente i nostri antenati si rivolgevano a l’oracolo per ottenere un aiuto, avere delle risposte, dei consigli, dei suggerimenti. In tempi più recenti la professione di aiuto era generalmente attribuita al medico o al sacerdote, oggi è ripensata più ad ampio spettro e si estende ad una fascia di varie figure professionali tra cui rientra la figura della psicologa/o.

La psicologa/o si occupa di aiutare, sostenere, indirizzare le persone o pazienti di comunità (es: comunità psichiatriche, comunità terapeutiche) che nel momento specifico o da un tempo più o meno duraturo si trovano ad affrontare disagi, difficoltà, conflitti interiori, situazioni legate ad un ambiente familiare, sentimentale o professionale, o problematiche proprie del periodo storico che tutti stiamo vivendo, ai cicli della vita che siamo chiamati ad attraversare come una separazione, un lutto, un cambio di posizione lavorativa, una promozione carica di nuove responsabilità, un’adozione, la nascita di un figlio, l’aggravamento di uno stato di salute, un trasloco, una sommatoria di responsabilità che drena le nostre energie rallentando la nostra capacità reattiva. Allora ecco che torna utile l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e della salute mentale, creare ambienti sereni nei propri spazi.

NON MI ASCOLTANO…

La nostra formazione non è soltanto un corso universitario con degli sbocchi lavorativi, ma fondamentalmente è una vocazione. E’ una capacità di comprensione, di ascolto, di assorbimento, di sintonizzazione con l’altro, una competenza relazionale, una capacità di comunicare, è un atteggiamento di fronte alla vita, è un modo di porsi alle persone, è l’accoglienza che il professionista è in grado di offrire. Specialmente oggigiorno che le persone sono spesso distratte, prese dai loro problemi, le famiglie raramente riescono ad essere il riferimento saldo e autorevole durante la crescita dei ragazzi. Queste lacune si protraggono negli anni e anche quando ci rivolgiamo alla cerchia delle amicizie non ci sentiamo ascoltati, altre volte ci sentiamo giudicati e quindi evitiamo di esporci, altre volte ancora non ci sentiamo compresi e consolidiamo un senso di solitudine interiore.

LA MIA PRIMISSIMA ESPERIENZA …

Ma cosa potrebbe avere di diverso la psicologa/o tanto da muovere le persone a ricercare il suo aiuto? Potrei parlare di me, e di tutte le volte che ho sentito il bisogno di essere aiutata, di essere presa per mano e sorretta per attraversare un grande cambiamento. Bè io l’ho fatto, ed ho iniziato quando ero adolescente, poi sono cresciuta e attraversando i cicli della mia vita ho avuto bisogno di sostegno, e l’ho cercato, e lo cerco ancora quando ne avverto la necessità. Ricordo, ancora quattordicenne, alcune parole del mio psicologo, e ancora oggi in talune circostanze, quelle stesse parole mi guidano.

La psicologa/o non detengono la verità assoluta, tuttavia unitamente alla loro formazione hanno la loro storia di vita, ed è proprio quella a mio avviso che spinge un individuo ad abbracciare questo settore. Spesso gli operatori che lavorano con pazienti che fanno uso di sostanze stupefacenti, sono proprio loro stessi ex consumatori usciti dal vortice della dipendenza. Ne conoscono i sistemi, i sotterfugi, gli approcci, i movimenti e per questo sanno come orientarsi, quali sono i pensieri di coloro che invece ne sono incagliati. E questo è soltanto un esempio.

IL PREGIUDIZIO

Ci sono persone che in momenti di necessità palese rifiutano l’aiuto dello psicologo/a e replicano di non essere pazzi, di conoscersi meglio di chiunque altro, di non voler raccontare “i propri fatti a degli sconosciuti” e che quindi non necessitano di quel tipo di sostegno. E’ un vero peccato pensare che le difficoltà che un individuo attraversa in alcuni momenti, i cosiddetti cicli della vita che più o meno tutti viviamo, come anche un conflitto interiore, una qualsiasi difficoltà esistenziale che ci preoccupa, che ci blocca e drena le nostre energie, sia considerata da alcuni “stato di pazzia”.

I PENSIERI POSSONO CAMBIARE…

La vita è una evoluzione continua, progettiamo le nostre giornate, i nostri ritmi, i nostri orari e poi, in maniera quasi sistematica, siamo chiamati a cambiare i nostri programmi a causa di imprevisti, talvolta gestibili, altre volte imprevisti che ci disorientano, che ci pongono davanti a dei bivi dove ci areniamo, non sappiamo cosa scegliere, talvolta non ci rendiamo nemmeno conto che possiamo scegliere e non dobbiamo subire inevitabilmente ciò che ci si pone davanti.

A volte vorremmo prendere delle decisioni che poi ci sembrano crudeli e instillano in noi il senso di colpa e allora ci trascuriamo, ci oscuriamo e quell’oscuramento lavora dentro di noi, ci toglie energie, ci debilita e altre volte ci fa ammalare. Nel nostro paese, dove tutto si complica (ho vissuto all’estero per molti anni e posso tranquillamente affermare ciò) diventa semplice accogliere il suggerimento di uno spot pubblicitario o di un medico che ci consiglia la pillolina per dormire, o la pillolina per anestetizzare quella voce interiore che ci destabilizza, che ci mette in discussione. Tendiamo ad usare delle scorciatoie per poter stare meglio, per trovare, seppur in modo precario, una modalità per essere al mondo.

VOGLIAMO VIVERE NON SOPRAVVIVERE

Ci sono dei sistemi di difesa attraverso i quali le persone bypassano i problemi, uno è l’evitamento, l’altro la procrastinazione. Queste due modalità potrebbero sembrare una soluzione, per un pò riusciamo a ritrovare una certa serenità ed allontanare il disagio, tuttavia la nostra pace interiore durerà ben poco e può capitare che ci sveglieremo la notte per pensare. E questo sistema di difesa crollerà inevitabilmente poichè sono blandi tentativi di raggirare l’ostacolo. Invece, occorre trovare il coraggio di affrontare e risolvere, in un modo o nell’altro ciò che ci accade, dobbiamo togliere energia alle sistuazioni che ci assillano, e utilizzare quell’energia su ciò che più desideriamo fare. Solo attraverso la presa di coscienza e la consapevolezza della nostra condizione possiamo ritrovare l’equilibrio.

LE VIE DEL NOSTRO CERVELLO SONO INFINITE…ABBIAMO PIU’ RISORSE DI QUANTO PENSIAMO

Il nostro cervello, contrariamente a quanto è stato pensato per molti anni addietro, si modifica ogni giorno, è straordinariamente in grado di accogliere nuovi sistemi, nuovi apprendimenti, nuove nozioni, ma se noi evitiamo il confronto, e alternativamente decidiamo di assumere la pillolina della notte, l’indomani ci sveglieremo con lo stesso problema che ci assilla e che continua a drenare le nostre energie, e allora avremo bisogno di una pillolina aggiuntiva. Forse potremmo ritrovarci con un doppio problema, quello che inizialmente ci ha spinto ad assumere il farmaco, e quello relativo all’assunzione del farmaco stesso che ad un certo punto sarà un riferimento per vivere. Mi sono sempre chiesta il perchè negli spot pubblicitari oltre a suggerire la pillolina non ci sia un sincero incoraggiamento a rivolgersi ad un professionista formato in una professione di aiuto. Forse perchè muove meno mercato rispetto ad un farmaco. Con questo non voglio dire che la psicofarmacologia sia il metodo errato a priori, anzi per alcune importanti patologie psichiatriche questo risulta essere il rimedio principe che poi andrebbe accompagnato da un sostegno psicologico per evitare che la persona si ripieghi su se stessa senza poter recuperare le coordinate della sua vita.

Quando decidiamo di agire e reagire ad un impasse, ad una paura, ad un problema, ad una perplessità, il nostro cervello crea delle strade relative alla scelta che abbiamo fatto, strade che si consolideranno e che diventeranno percorribili anche nel futuro. Per questo è meglio agire piuttosto che assumere un farmaco che ci anestetizza e preclude la possibilità di risolvere attivamente la questione in esame. Dapprima ci sembrerà difficile, saremo confusi ma poi continuando coraggiosamente a scegliere la via dell’azione, acquisiremo padronanza e quella padronanza diventerà dapprima un viottolo e poi un’autostrada nel nostro cervello e ci tornerà utile e disponibile ogni qualvolta ci si ripresenterà l’occasione. Spesso invece di spingerci oltre, scegliamo di assumere farmaci che ci tranquillizzano e inibiscono la nostra forza reattiva, la nostra volontà di risolvere. Il farmaco è una sostanza chimica e non sarà mai la forza del nostro ragionamento e della voglia di agire e per questo non creerà mai le strade alternative che ci faranno uscire dall’impasse.

POSSO AIUTARTI?